Amanda Gorman ha attirato su di sé una grande attenzione mediatica. Grazie all’insediamento del presidente Biden, durante il quale è salita sul pulpito a leggere alcune sue parole, è diventata un’influencer. Poi ha attirato su di sé l’attenzione prima perché è stata presa da un’agenzia di moda, poi perché si sono create polemiche orribili intorno alla traduzione dei suoi testi in olandese (una poetessa che avrebbe dovuto tradurla ha fatto un passo indietro perché la pressione mediatica l’ha considerata inadeguata in quanto bianca), e poi ancora perché è stata rifiutata la traduzione in catalano da parte di uno scrittore che aveva la colpa di essere bianco e maschio. Insopportabili episodi di razzismo.
Tutto questo fa sollevare molti sospetti e ci porta ad una conclusione che nessuno sembra avere il coraggio di avanzare: semplicemente quello che scrive Amanda Gorman non è Poesia. Come avevo sostenuto subito l’operazione che c’è dietro alla Gorman è un’alleanza fra potere mediatico e propaganda ideologica. Ma basta leggere ciò che scrive – inquadrato nel contesto – per capire che di poetico non ha nulla, è pura e semplice propaganda. Propaganda di un’ideologia nuova e terrificante che si sta insinuando nelle nostre teste.
Non basta scrivere un discorso di propaganda, venderlo come Poesia e pensare che lo diventi.
Come possiamo chiamare Poesia la propaganda di Amanda Gorman?
La Poesia abbraccia l’esistente e il mistero, abbraccia l’umanità. La Poesia guarda l’universo attraverso lenti che ambiscono a essere universali. Una Poesia che guardi il mondo attraverso le lenti distorcenti del razzismo, molto semplicemente, non è più Poesia.
D’altra parte non si può ignorare cosa sia successo immediatamente prima della nascita di questo fenomeno mediatico, con l’America insorta, rigurgiti di razzismo, la guerra interna per la presidenza contro Trump, il paese diviso e le posizioni che si sono estremizzate. Lei è il risultato di questo, è un’arma della guerra che si sta combattendo. Fenomeni che sono a noi estranei, come estranei sono le radici più profonde di quest’albero in fiamme.
Sia ben chiaro, la poesia militante esiste da sempre (pensiamo a Dante…), ma un confine fra poesia e pura propaganda bisogna tracciarlo. Altrimenti potremo considerare Poesia anche il prossimo intervento alla Camera del più improbabile ministro. Per quel poco che vale facciamo la nostra parte. Chissà se diventerà presidente degli Stati Uniti o verrà dimenticata in qualche settimana. Ciò che è certo è che Amanda Gorman nell’orizzonte poetico sarà servita a questo: a definire cosa non è Poesia.
Paolo Gambi è un artista, poeta e performer che ha trovato nella poesia un canale di espressione contemporaneo. Ha pubblicato una trentina di libri, molti dei quali nel Gruppo Mondadori. Alcuni sono stati tradotti in cinque lingue. La sua ricerca artistica ruota intorno alla parola nel rapporto con il mistero, la psiche e la tecnologia. Mette poesia dappertutto: pioniere della bodypainting poetry, scrive poesie nella materia e le mette in scena sui palchi. È uno dei primi al mondo ad aver coniato poesie NFT. Una sua opera digitale garantita da NFT è stata selezionata e pubblicata da un progetto dell’Università di Stanford.
Ha ricevuto numerosi premi, fra cui spicca il Guidarello ed è stato testimonial del mese della cultura italiana nel Principato di Monaco. Premiato dall’associazione Perspektif Kültür in Turchia, è “ambasciatore di cultura” lungo la via della seta.
Ha fondato Rinascimento poetico, una delle principali reti di poesia in Italia, presente in vari paesi.
Hanno parlato della sua ricerca artistica RAI, Corriere della Sera, La Stampa, la Verità, Affaritaliani, Artribune, oltre a realtà di settore come Poesia del Nostro Tempo, RAI poesia, Rivista Clandestino, NFThours (in inglese), NFT poetry gallery, Vuela Palabra (in spagnolo), Voce (Argentina), Espoarte.
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